L’Umbria, dove morbide colline a ridosso dell’Appennino lasciano spazio a pianure poco estese attraversate da numerosi corsi d’acqua, è una terra apprezzata per la bellezza del paesaggio e dei suoi borghi antichi. “Ma il suo vino ha pochissima visibilità” afferma Gianluca Grimani, referente regionale Guida Vitae, che coadiuverà per tutta la serata Sandro Camilli, presidente dell’Ais Umbria e membro della Giunta Esecutiva Nazionale. Di qui la scelta di proporre un’Umbria vinicola dalla realtà sfaccettata e da leggere attraverso il tempo, per cogliere il carattere autentico, l’essenza dei suoi vini, anziché enfatizzare il blasone di qualche produttore.
IL TERRITORIO
Le colline che digradano dalla dorsale appenninica che si snoda da nord a sud nella parte orientale sono costituite da terreni prevalentemente calcarei e marnosi, originati dal deposito di sedimenti di origine continentale su fondali marini nel Pliocene (circa 7 milioni di anni fa).
Nella zona centrale troviamo invece terreni da sedimenti lacustri e torrentizi, rappresentati da argille con lignite, sabbie e ciottoli, infatti, al termine del Pliocene, prese forma il grande Bacino Tiberino, costituito da una serie di grandi laghi intimamente collegati, che attraversava tutta la regione.
Il settore occidentale dell’Umbria risente invece di una genesi successiva, dovuta all’emersione di rocce sedimentarie di origine marina: i suoli presentano argille, pochi carbonati, poco scheletro e moltissimi fossili.
Infine, dopo l’attività compressiva, nel Pleistocene, l’estremo lembo sud-occidentale della regione venne sollecitato da una attività magmatica legata all’apparato vulcanico dei Volsini. Qui incontriamo terreni tufacei, di origine vulcanico-argillosa, e alluvionali, con sabbia e limo, lungo il fiume Paglia. Sempre in questa zona, la successiva erosione dei terreni magmatici ha determinato la formazione di picchi rocciosi che oggi svettano sull’area circostante, come la rupe tufacea su cui è abbarbicata la città di Orvieto.
LE UVE
L’Alto Tevere non ha ancora espresso il suo potenziale, ma forse in futuro potrà dire la sua con il nebbiolo; nell’area centrale, a sud di Perugia, molto interessanti invece sono la ristretta zona di Torgiano, dove il sangiovese si esprime al meglio, anche se dà un vino meno tannico, più avvolgente e morbido del cugino toscano, e quella di Montefalco, dove si coltiva il sagrantino, conosciuto soprattutto nella versione secca e divenuto ormai simbolo dell’Umbria.
Uva fedele al carattere umbro è il ruvido grechetto, dalla grande vigoria.
L’area intorno a Spoleto è invece la culla di un vitigno “emergente” o, per meglio dire, recuperato e valorizzato, anche se presente dal 1979 in uvaggio nel Montefalco bianco Doc, il trebbiano spoletino, artefice di un grande vino bianco,
Si coltiva anche il gamay, una varietà di grenache piantata su terreni sabbiosi e leggermente argillosi, che dà vini piuttosto semplici, non destinati all’evoluzione.
E nel triangolo Terni, Narni e Amelia la produzione del ciliegiolo dà vini stilisticamente impostati sul concetto di sottrazione, non molto concentrati.
Infine drupeggio e verdello, usati in uvaggio nell’Orvieto Doc, la vernaccia nera, da cui si ricava un vino dolce da appassimento, e la malvasia.
sold out
concluso